La prossima entrata in vigore della Brexit, fissata per il 29 marzo 2019, ha già avuto un forte impatto sul mercato immobiliare, ma in maniera del tutto diversa rispetto alle previsioni. L’aspettativa era infatti che a risentirne maggiormente fosse il settore commerciale, con la fuga delle compagnie in altre capitali europee. E invece a oggi è il settore residenziale che mostra un crollo nelle vendite e un calo dei prezzi, persino nell’ambitissimo centro di Londra.
Uffici mai così richiesti nella capitale britannica
L’uscita della Gran Bretagna dalla Ue non spaventa gli investitori, tanto che nel 2018 sono stati spesi più soldi per l’acquisto di uffici a Londra che non a Parigi, Manhattan, Monaco e Francoforte messi insieme. Non solo, la capitale britannica ha anche riconquistato il primo posto nella classifica delle destinazioni preferite dai gruppi stranieri a livello mondiale, con investimenti che hanno superato i 30 miliardi di euro.
Asiatici interessati al mercato commerciale inglese
Complice il cambio favorevole, sono soprattutto gli asiatici che investono nell’acquisto di prestigiosi uffici nella City. In modo particolare i sudcoreani, che a settembre hanno comprato il nuovo quartier generale di Goldman Sachs per 1,35 miliardi di euro, realizzando così la seconda maggiore acquisizione per dimensioni nella storia della City. E se il trend rimane invariato, a fine 2018 potrebbe ammontare a 4 miliardi di sterline la cifra complessiva investita. Seguono le compagnie britanniche, che hanno dominato il mercato immobiliare commerciale con il 59% delle acquisizioni.
Più riluttanti gli investitori europei
Se vista dall’Asia la Brexit non spaventa, in Europa i timori legati alle sue conseguenze sono maggiori, tanto che alcuni grandi gruppi come il francese Amundi hanno venduto tutti gli asset e annunciato che non avrebbero più investito nel Paese. Anche gli americani hanno ridotto gli investimenti nel Regno Unito, ma la loro scelta sembra più che altro confermare il trend positivo del mercato immobiliare commerciale britannico: i prezzi sono diventati infatti troppo alti per le logiche imprenditoriali degli Usa.
di Laura Fabbro
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