Un immobile (una casa o un terreno, ad esempio) può essere gravato da una servitù di passaggio (o qualsiasi altro tipo di servitù) a favore di terzi.
In generale, la servitù è un diritto su un immobile altrui. Consiste in una limitazione imposta ad un immobile (fondo servente) per l’utilità di un altro immobile (fondo dominante) appartenente a diverso proprietario.
Cosa succede quando l’immobile viene venduto? Come e quando la servitù si trasferisce al compratore?
La questione è stata più volte affrontata e chiarita dalla Corte di Cassazione. Tra le molte sentenze in argomento, possiamo richiamare la n. 9396 del 21 maggio 2020.
Trasferimento automatico
La vendita di un immobile comporta il trasferimento della servitù, anche se non menzionata nell’atto d’acquisto. Chi compra una casa con una servitù di passaggio (o qualsiasi altro tipo di servitù) è tenuto a rispettarla, anche se il venditore non gli ha detto nulla a riguardo.
Notaio
Il compratore potrà rivalersi contro il venditore chiedendo la risoluzione del contratto di vendita (se ne sussistono i presupposti) oppure chiedendo una riduzione del prezzo di vendita.
In questi casi, si potrebbe anche configurare una responsabilità professionale del notaio che ha redatto l’atto di vendita senza riportare la presenza della servitù gravante sull’immobile.
È il notaio che, incaricato di un atto di trasferimento immobiliare (ad esempio vendita, permuta, donazione) procede agli accertamenti nei registri immobiliari ed individua la presenza di eventuali servitù, informando gli interessati per ogni valutazione.
Trascrizione
La servitù non si trasferisce automaticamente all’acquirente solo quando non è stata trascritta nei pubblici registri immobiliari. Infatti, per essere opponibile a terzi – e quindi anche all’acquirente dell’immobile – la servitù deve essere “registrata” ossia riportata nei Registri pubblici presso l’Agenzia delle Entrate (art. 2643 c.c.).
La trascrizione svolge anche una funzione di pubblicità. In questo modo, infatti, chi è interessato all’acquisto di un immobile, può consultare i registri pubblici e verificare l’eventuale esistenza di servitù o di altri diritti reali gravanti sull’immobile, oppure l’esistenza di ipoteche, pignoramenti, servitù o altri diritti reali. Anzi, è suo onere dell’acquirente fare questa verifica preventiva, che solitamente viene affidata – come detto – al notaio. Attenzione agli immobili in condominio: a volte pesi gravanti sull’immobile da acquistare possono risultare dal regolamento condominiale e sono vincolanti anche se manca una trascrizione.
Ambulatorietà delle servitù
Dunque, se la servitù non è stata trascritta, l’acquirente – che non è stato posto in grado di conoscerne l’esistenza – non è tenuto a rispettarla. Diversamente, la servitù si “tramanda” sull’acquirente e su tutti i successivi proprietari dell’immobile.
Si tratta del cosiddetto “principio di ambulatorietà delle servitù”, in base al quale – ci dice la Cassazione – “l’alienazione del fondo comporta anche il trasferimento delle servitù ad esso inerenti, sebbene non menzionate nell’atto di acquisto, purché sia stato trascritto il titolo originario di costituzione della servitù” (Cass. civ. 22/05/2019, n. 13817).
In forza di tale principio, se la servitù è regolarmente trascritta, diviene irrilevante l’eventuale omessa menzione della servitù nel rogito, “giacchè tale servitù ha naturalmente ambulato per inerenza al fondo servente, del che l’acquirente del fondo medesimo poteva avvedersi in forza della pregressa trascrizione dell’originario titolo costitutivo” (Cass. civ. 21/05/2020, n. 9396).
di Giuseppe Donato Nuzzo
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