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Assegno unico per i figli, ecco chi ci guadagna di più

Chi ci guadagna di più con l’assegno unico per i figli? E chi con la riforma dell’Irpef? La risposta la dà l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) con un nuovo studio.

L’assegno favorisce incapienti e autonomi, cioè chi prima non prendeva gli incentivi o solo in parte. Mentre la riforma di scaglioni, detrazioni e aliquote Irpef avvantaggia i redditi medio-alti. Mischiando le due novità fiscali – assegno unico e nuova Irpef – il beneficio massimo, in valore assoluto, è per il 10% più ricco con 444 euro all’anno contro i 289 euro del 10% più povero.

Quanti hanno chiesto già l’assegno unico

Ad oggi solo la metà delle famiglie ha richiesto l’assegno unico per i figli: 3,5 milioni di nuclei per 5,8 milioni di figli (dati Inps al 14 marzo). La platea è quasi doppia: 7,3 milioni di famiglie per 11,2 milioni di figli. La misura vale 18 miliardi, l’assegno medio per famiglia è di 2.518 euro, l’assegno medio per figlio pari a 1.642 euro. I figli avvantaggiati sono 8,6 milioni e prendono in media 672 euro all’anno più di prima. I figli che prima erano esclusi da assegni familiari e/o detrazioni sono 5,4 milioni. Entro marzo l’Inps pagherà chi ha già fatto domanda entro il 28 febbraio: 5 milioni di figli per 3 milioni di famiglie. Ma chi fa domanda entro il 30 giugno avrà gli arretrati da marzo.

Come funziona l’assegno unico

L’assegno unico aumenta con il numero dei figli e diminuisce in funzione dell’Isee. Spetta a tutti i nuclei con figli fino a 21 anni, a prescindere dal tipo di lavoro (va anche a incapienti e disoccupati) e dal livello di reddito. L’importo massimo è a un livello di Isee pari a 15 mila euro, l’importo minimo spetta dai 40 mila euro in su. Sono previste diverse maggiorazioni (se entrambi i genitori lavorano, per figli successivi al secondo, per famiglie da 4 o più figli, per figli disabili). L’assegno spetta anche a chi percepisce il Reddito di cittadinanza. Esiste poi una clausola di salvaguardia per tutelare una parte di quell’8% di famiglie che ci perdono rispetto ad ora (1 milione di figli), ma solo quelle tra loro con Isee fino a 25 mila euro: il vecchio importo di assegni familiari e detrazioni è garantito il primo anno, poi la compensazione si riduce nei due anni successivi (2023-2024) e poi non spetta più.

Quanto spetta con l’assegno unico e chi ci guadagna

L’importo base annuale (attribuito ai nuclei fino a 15 mila euro di Isee) vale 1.020 euro all’anno per un figlio tra 18 e 20 anni, 2.100 per un minorenne, 4.200 per due minorenni, 7.320 euro per tre minorenni e 11.640 euro per quattro minorenni. Gli importi base diminuiscono gradualmente per tutte le famiglie con Isee tra 15 mila e 40 mila euro, oltre i quali si applicano i livelli minimi (da 300 a 3.960 euro a seconda dei figli).

Rispetto alla vecchia impostazione (detrazioni e assegni familiari) il vantaggio è quasi per tutti e in misura massima per i redditi molto bassi, ovvero gli incapienti. Nel grafico si fa l’ipotesi di una famiglia monoreddito con un figlio, a seconda se il lavoratore è dipendente o autonomo: il vantaggio è nella differenza tra la linea rossa e le altre linee.

La presenza di un patrimonio cambia però gli importi e i vantaggi. Ecco cosa succede con una casa di proprietà (rendita catastale di 1.000 euro) e 20 mila euro di patrimonio finanziario: l’assegno unico si riduce al crescere del patrimonio eccedente le franchigie di legge a partire dai 16.200 euro di reddito familiare, mentre senza patrimonio la riduzione sarebbe partita da 33.600 euro.

Assegno unico e riforma Irpef: se li mettiamo assieme, chi ci guadagna?

Anche qui il grafico dell’Upb è piuttosto eloquente: i redditi più bassi hanno benefici quasi esclusivamente dall’assegno unico, quelli più alti quasi esclusivamente dalla riforma Irpef. In valore assoluto, il beneficio medio del 10% meno ricco arriva a 289 euro annui e quello del 10% più ricco a 444 euro. Se però si guarda all’incidenza di questi benefici sul reddito, si capisce che l’effetto redistributivo viene dall’assegno unico ed è molto forte sui redditi bassi per i quali l’incidenza è al 14% contro lo 0,9% della classe più ricca. Questo significa che l’aiuto è in percentuale molto più significativo per le fasce meno fortunate e che hanno figli.

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