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Contratto di affitto 3+2: che cos’è e come funziona

In Italia esistono diverse tipologie di locazione a uso abitativo fra privati, che si differenziano in base alla durata e al canone. Tra le più diffuse c’è il contratto 3+2, che prevede tariffe contenute per l’inquilino e offre alcuni vantaggi fiscali al proprietario. Vediamo di che cosa si tratta, come si registra e se è possibile per entrambe le parti dare disdetta anticipata.

Per saperne di più anche sul contratto d’affitto 4+4, ecco l’articolo sul Magazine di Immobiliare.it.

Il contratto 3+2: durata e canone

Come si deduce dal nome, il contratto 3+2 ha una durata di 3 anni, al termine dei quali si rinnova in automatico per altri 2. A loro volta i rinnovi successivi avvengono ogni 2 anni, salvo disdetta.

A differenza del contratto tradizionale 4+4, il canone mensile non è libero, cioè non è il frutto della trattativa fra le parti, ma viene stabilito in base ad accordi territoriali che coinvolgono i Comuni, le organizzazioni di proprietari e inquilini e il Ministero dei Lavori Pubblici, a cui è affidato il compito di aggiornare il tariffario ogni 3 anni.

Sulla base di questi accordi si stipula il contratto di locazione, il cui canone deve rientrare nelle fasce di oscillazione stabilite dai singoli Comuni. A seconda della zona in cui si trova l’immobile, avremo quindi una tariffa annuale minima e una massima. Per capire di preciso in quale sottofascia si trova l’immobile e, quindi, a quanto ammonta il canone si devono poi valutare anche altri fattori come:

  • i metri quadri dell’immobile.
  • Lo stato di manutenzione.
  • L’esposizione delle finestre.
  • La presenza di servizi accessori come il posto auto o la cantina.
  • La presenza di servizi tecnici come l’impianto di condizionamento o l’ascensore.

In generale il contratto 3+2 risulta vantaggioso per l’inquilino perché si trova a pagare di meno rispetto al prezzo di mercato.

Vantaggi fiscali per il proprietario

A fronte di un minore guadagno, il proprietario di casa avrà alcuni vantaggi fiscali come:

  • la base imponibile Irpef (cioè la quota di canone che va presentata in dichiarazione dei redditi) è del 66,5% anziché dell’85%.
  • Per chi sceglie il sistema di tassazione alternativo all’Irpef, ovvero la cedolare secca, l’aliquota è al 10% anziché al 21%.
  • L’imposta di registro pari all’1,4% annuo sul valore del canone anziché al 2%1. L’imponibile.
  • La riduzione dell’Imu. Il Governo permette ai Comuni di portare al 4 per mille l’aliquota Imu, che altrimenti sarebbe tra il 7,6 e il 10,6 per mille.

Vantaggi fiscali per l’inquilino

Per l’inquilino il maggiore vantaggio che presenta questa tipologia di contratto è l’affitto a un prezzo di solito inferiore rispetto a quello di mercato, ma ci sono anche altre agevolazioni che gli spettano. In particolare:

  • gli inquilini di immobili adibiti ad abitazione principale hanno diritto a una detrazione Irpef di 495,80 euro se il loro reddito complessivo non supera i 15.493,71 euro.
  • Gli inquilini di immobili adibiti ad abitazione principale hanno diritto a una detrazione di 247,90 euro se il loro reddito complessivo è superiore a 15.493,71 euro e inferiore a 30.987,41 euro.

Chi può stipulare il contratto di locazione 3+2

Prima del 2017 questa tipologia di contratto di locazione era possibile solo nelle zone ad alta intensità abitativa, dove c’è una maggiore carenza di alloggi rispetto alla domanda. Con il Decreto del 16 gennaio 2017 del Ministero delle Infrastrutture, invece, il contratto a canone concordato è stato esteso a tutti i Comuni italiani.

Contratto 3+2: modello e registrazione

È obbligatorio registrare qualsiasi contratto di affitto, a prescindere dalla tipologia. Per quanto riguarda il contratto a canone concordato 3+2, in particolare, bisogna utilizzare il modello predisposto dalla legge per tutto il territorio nazionale.

Contratto di locazione a canone concordato: è possibile il recesso?

In linea generale la legge garantisce maggiore libertà di disdire un contratto di affitto al conduttore, cioè all’inquilino, rispetto al locatore. Questo vale anche per il contratto 3+2.

Il conduttore può recedere dal contratto in qualsiasi momento, sia in presenza di una giusta causa (licenziamento, problemi fisici che gli precludano l’utilizzo dell’immobile, trasferimento per motivi di lavoro) sia semplicemente avvalendosi della clausola di recesso che di norma è presente nel contratto. Alla scadenza dei primi 3 anni può dare disdetta con preavviso di 6 mesi, o meno se specificato nel contratto, senza dover indicare le motivazioni. La comunicazione deve avvenire tramite raccomandata o posta certificata (Pec).

Il proprietario, invece, non può mai dare disdetta per giusta causa, ma deve sempre aspettare la prima scadenza naturale del contratto. Al termine dei primi 3 anni, può evitare il rinnovo naturale dando comunicazione all’inquilino con 6 mesi di anticipo tramite raccomandata o Pec, ma solo se:

  • vuole vendere l’immobile a terzi e non possiede altri immobili a uso abitativo oltre a quello in cui abita. L’inquilino ha il diritto di prelazione;
  • vuole destinare l’immobile a uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale suo o di un parente entro il 2° grado;
  • vuole destinare l’immobile all’esercizio di attività con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali culturali o di culto. In questo caso, però, deve offrire all’inquilino un altro immobile;
  • l’immobile si trova in un edificio danneggiato che si deve demolire, ricostruire o ristrutturare integralmente;
  • l’inquilino dispone di un alloggio nello stesso comune o non occupa in maniera continuativa la casa che ha affittato;

Al termine dei successivi 2 anni può dare disdetta libera.

di Laura Fabbro

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