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Cortile condominiale: come usarlo in assenza di un regolamento?

Secondo l’articolo 1117 del Codice Civile, i cortili vanno considerati parti comuni dell’edificio condominiale, a meno che non risultino di proprietà esclusiva di alcuni, in base a un titolo che può essere costituito o dal regolamento contrattuale o dagli atti di acquisto delle singole unità immobiliari o anche dall’usucapione.

Oltre alla naturale e principale funzione di dare aria e luce ai locali di proprietà esclusiva che vi si affacciano, il cortile si presta a molteplici usi secondari. Tra questi uno dei più comuni è certamente il transito e il parcheggio dei veicoli.

Quale uso per il cortile: possibilità e limiti

Solitamente è la volontà delle parti interessate a imprimere una particolare destinazione d’uso al bene comune (nel caso concreto, al cortile), facendo in modo che questo possa essere utilizzato in un determinato modo e non in un altro o per realizzare specifiche funzioni.

Tali norme possono essere contenute nel titolo, cioè nel contratto d’acquisto del locale in condominio, o inserite nel regolamento allegato al titolo e accettato da tutti.

In assenza di disposizioni specifiche, il limite al godimento di un bene comune come il cortile s’identifica con riferimento alla sua destinazione attuale. Quindi l’individuazione delle concrete modalità d’uso del cortile sono demandate, di volta in volta, ai condomini in sede di assemblea.

La regola generale è quella sancita dall’articolo 1102 del Codice Civile, che pone due limiti all’utilizzo del bene comune:

  • il primo, di tipo qualitativo, impone di non alterare la normale destinazione del bene;
  • il secondo, di tipo quantitativo, prescrive l’obbligo di consentire agli altri partecipanti l’uso paritario del bene secondo il loro diritto.

Il principio di solidarietà

Si tratta di un’applicazione del generale principio di solidarietà; principio che richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti, da valutarsi in base alla situazione concreta di volta in volta presa in considerazione. In particolare, il “pari uso” non va inteso nel senso di “uso identico e contemporaneo”, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante al condominio “la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri”.

In pratica, la norma consente al singolo condomino di utilizzare la parte comune anche per propri interessi individuali, eventualmente apportando a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento del bene. A condizione, però, che i suoi interventi non modifichino la destinazione comune del cortile e non ne pregiudichi il pari uso, anche solo potenziale, da parte degli altri condomini.

Il parcheggio nel cortile condominiale

La destinazione del cortile a parcheggio dei veicoli rientra senz’altro tra i casi più comuni di utilizzo del cortile stesso, come anticipato poco sopra.  

In questo caso, occorre distinguere la situazione in cui il regolamento di condominio preveda già in partenza la destinazione a parcheggio del cortile o di una parte di esso, dalla diversa condizione in cui il regolamento nulla preveda in proposito ma, di fatto, il cortile venga destinato a tale funzione.

Nel primo caso non vi è dubbio che tutti i successivi acquirenti, accettando il regolamento, si vincolano al particolare utilizzo previsto per il cortile; nel secondo caso, invece, non essendoci un titolo concreto, qualunque condomino potrebbe mettere in discussione la destinazione a parcheggio.

In quest’ultima ipotesi, tutti i condomini hanno diritto di parcheggiare nel cortile condominiale. Tuttavia, l’assemblea può porre limite al potere dei singoli condomini, proprio al fine di garantire il pari uso della stessa e salvaguardarne la destinazione comune.

Ecco perché è stata ritenuta legittima la deliberazione con cui l’assemblea ha disposto il divieto assoluto di parcheggio nel cortile condominiale, al fine di assicurare a tutti il miglior godimento dello spazio comune. Lo stesso discorso e la stessa logica valgono anche per le delibere che mirano a limitare o regolamentare il parcheggio.

Ogni condomino ha diritto di parcheggiare il propri veicolo nel cortile comune, ma tale diritto viene meno se la presenza dell’auto in sosta impedisce in tutto o in parte agli altri di accedere con automezzi nei vani di sua proprietà e se rende scomodo il raggiungimento a piedi delle singole abitazioni.

I poteri dell’assemblea sull’uso del cortile interno

Nel caso in cui l’area del cortile non sia sufficiente a contenere le auto di tutti i condomini, l’assemblea, anziché vietare il parcheggio, può deliberarne l’uso turnario.

Sono valide anche le delibere che pongono a carico di colui che parcheggia l’onere di versare un compenso periodico nei limiti di un maggior contributo per l’usura che il transito e la sosta comportano del bene comune.

In alternativa, può adibire il cortile al solo parcheggio dei motoveicoli. E legittima anche l’assegnazione dei posti auto per ogni singolo condomino.

Diverso è il caso in cui non si tratta solo di disciplinare il miglior uso del cortile, bensì di modificare la destinazione precedente prevista dal titolo, dal regolamento contrattuale o desunta dall’uso attuale e concreto del bene. Così, ad esempio, se si decide di destinare a parcheggio un’area prima adibita a giardino, l’intervento potrebbe configurare un’innovazione da deliberare con le maggioranze richieste dall’art. 1120 c.c. (Cass. civ. 4.7.2012 n. 11177).

Se l’assemblea non delibera nulla

In questo caso, qualora uno dei condomini contesti la legittimità della sosta dell’autovettura di un suo vicino, il giudice chiamato a valutarne la liceità deve farlo tenendo in considerazione non solamente il diritto d’uso del condomino contestatore, ma di tutti gli altri partecipanti alla compagine.
Ciò vuol dire che fintanto che l’assemblea non decide in merito alla regolamentazione dell’uso di una cosa comune, l’amministratore del condominio, nel rispetto del diritto al pari uso, può assumere un proprio provvedimento, che disciplini l’utilizzazione della medesima.

Infine, la Cassazione ha ribadito che chi parcheggia lungamente nel cortile comune non può reclamare l’acquisto per usucapione di un diritto di servitù di parcheggio. Se le parti concordano il diritto di parcheggiare, questo dovrà essere considerato un diritto avente natura obbligatoria.

di Giuseppe Donato Nuzzo

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