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Dal centro alle periferie, il Covid ridisegna gli equilibri degli affitti nelle grandi città italiane.

In pieno centro o in periferia, residenziali e tranquilli o riferimento per aperitivi e serate tra amici: tutti i quartieri delle maggiori città italiane sono stati colpiti dagli effetti del Coronavirus. Ma in modo differente. Per capire come, è sicuramente utile guardare all’evoluzione del mercato immobiliare degli affitti nell’ultimo anno.

Come già rilevato dal nostro ultimo Osservatorio, i trend diffusi in tutta la Penisola vedono contrapporsi un deciso calo della domanda (-6% circa) a un aumento dell’offerta (+1,8%), con alcune differenze da regione a regione. Mettendo però sotto la lente di ingrandimento quattro metropoli – Roma, Milano, Napoli e Bologna – si delinea uno scenario non scontato.

Hanno sofferto di più le vie del centro, private di turisti e affari? Oppure sono state più penalizzate le zone residenziali, rifugio per lavoratori e studenti fuori sede che hanno però dovuto organizzare le proprie attività secondo i ritmi dello smartworking o della didattica a distanza? E che cosa è accaduto ai quartieri più periferici, magari più lontani da alcuni servizi urbani, ma di solito più vicini ai parchi e al verde?

A rivelarlo sono ancora una volta i dati di Immobiliare.it.

Centri storici, vola l’offerta di immobili in affitto. Ma con una eccezione

Il centro storico delle grandi città italiane è sempre stato destinazione prediletta per lo shopping, per una passeggiata, per un caffè in compagnia; calamita per i turisti e cuore economico di moltissime attività. In estrema sintesi, è il motore della vita sociale delle città italiane, il cui stop – decretato da Dpcm e restrizioni – ha avuto pesanti ripercussioni sul mercato degli affitti dei quartieri centrali.

Ecco quindi che al crollo della domanda, è corrisposta un’esplosione dell’offerta di case in affitto in centro. Partiamo proprio da quest’ultimo andamento: nell’ultimo anno a Roma appartamenti e case messi sul mercato hanno segnato +258%, a Napoli +197,5% e a Bologna +239,5%. In queste tre città italiane il centro storico avuto in assoluto il maggiore incremento percentuale rispetto a tutte le altre zone.

Il caso del capoluogo lombardo

L’unica eccezione è a Milano, dove il cuore cittadino, seppur registrando un aumento dell’offerta del 167,1%, non detiene il primato della crescita dell’offerta (che spetta invece ai quartieri Maggiolina-Istria, in cui le case e gli appartamenti sul mercato sono aumentati del 323%).

Una possibile chiave di lettura per questo andamento potrebbe essere legata al (quasi) azzeramento dei flussi turistici. I proprietari di immobili a Roma, Bologna e Napoli hanno dovuto affrontare la mancanza di visitatori ripiegando su affitti “tradizionali”, a medio e lungo termine; contribuendo peraltro ad aumentare il livello di qualità delle case sul mercato. A Milano, dove pure si è registrato un crollo di turisti, le attività direzionali con sede nel centro storico hanno continuato le loro attività; e queste ultime hanno probabilmente contribuito a frenare l’esplosione dell’offerta.

Le ripercussioni sull’offerta di immobili nei quartieri più “ambiti”

Il trend che ha segnato il mercato dei centri storici si riflette anche sui quartieri limitrofi o su quelle zone da sempre ricercate e apprezzate per la loro vivacità sociale e culturale: scelta preferita non solo dagli studenti universitari, ma anche dai molti lavoratori e professionisti.

Prendiamo il caso di Roma: Trastevere è la seconda zona, proprio alle spalle del centro, in cui si registra il maggior incremento dell’offerta di case e appartamenti: +228%. Niente più aperitivi in Darsena: sono analoghi i valori dei Navigli, a Milano, in cui gli immobili disponibili sono aumentati di circa il 247%. Che dire delle eleganti passeggiate in zona Chiaia-Mergellina? L’offerta degli appartamenti che si affacciano su queste splendide zone di Napoli è aumentata del 125%. Per citare infine il caso della Bolognina: nel quartiere bolognese l’offerta è salita a quota +180%.

La domanda crolla, ma la periferia (a volte) tiene meglio

Come avevamo accennato, a una esplosione delle offerte di immobili in affitto si è contrapposta una sostanziale diminuzione della domanda. Ma anche in questo caso non tutte le zone delle più grandi città italiane sono state colpite in ugual misura. Ad aver retto meglio il colpo della crisi sanitaria sono proprio i quartieri residenziali nelle cinture periferiche (o comunque più lontane dal centro), purché presentino un contesto urbano sicuro, di buona qualità, e che siano spesso circondati da parchi o ampie aree di verde pubblico.

A Roma e Napoli

A Roma, per esempio, la domanda di immobili in affitto per il quartiere Eur ha subito un calo “solo” dell’11%, rispetto al -27% del centro storico o del -46% della zona Re di Roma-San Giovanni. Una dinamica simile si è presentata anche a Napoli, dove la domanda per il residenziale quartiere di Posillipo-Marechiaro registra una flessione del 14%: molto più contenuta rispetto al -47% del centro storico oppure rispetto ad altre zone periferiche meno “prestigiose”, come i quartieri di Pianura e Chiaiano (rispettivamente -72% e -49%).

A Bologna

Il trend si ripete anche a Bologna: le zona di Toscana-Savena, circondata da parchi e ben servita, registra una flessione della domanda di appena sei punti percentuali; si tratta di una performance decisamente migliore rispetto a quella dell’area Murri-Massarenti, che segna invece -57%.

A Milano

Infine Milano, dove i quartieri che registrano il minor calo della domanda appartengono tutti alla cerchia più periferica della città meneghina: Ripamonti, Forlanini e San Siro, con rispettivamente –18%, –19% e –21%. Anche in questo caso un quadro migliore rispetto a quanto rilevato in altre zone residenziali più vicine al centro: il quartiere Fiera-City Life segna un -47%; Bande Nere-Inganni un -43%; Città Studi-Susa -37%.

Sarebbe quindi probabilmente un errore parlare di rivincita della periferia sul centro, perché le zone più marginali dei grandi centri urbani hanno risposto alla crisi sanitaria in maniera disomogenea e asimmetrica. Ma l’ultimo anno ha sicuramente cambiato qualcosa negli equilibri tra il cuore e gli estremi delle città italiane.

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