Dichiarare la residenza nella seconda casa, per evitare di pagare l’Imu, è un reato. Non solo, come è evidente si diventa anche colpevoli di evasione fiscale. La conseguenza è che i comuni possono avviare accertamenti e costringere il proprietario a versare doppia imposta per tutti gli anni in cui non ha adempiuto ai suoi doveri fiscali. In aggiunta, sono previste sanzioni. Questo tema è stato oggetto di una recente sentenza della Corte di Cassazione che ha chiarito ulteriormente alcuni punti della questione.
La situazione
Il contesto di partenza è quella di una coppia di coniugi che convivono nella stessa abitazione. Ciascuno di loro però è titolare di un immobile diverso: uno di quello che corrisponde alla residenza effettiva e l’altro invece della seconda casa.
Quando non si paga l’Imu
Per ottenere l’esenzione dal pagamento dell’Imu su un immobile, questo deve essere sia luogo di residenza che quello di dimora abituale per il contribuente e tutto il suo nucleo familiare. Anche il coniuge dunque deve risultare abitante allo stesso indirizzo.
Questo significa che per la maggior parte dell’anno, la persona deve essere reperibile nel luogo indicato e che la doppia residenza non è prevista dal regime fiscale. Fornire un’informazione diversa corrisponde invece a una dichiarazione di falso in atto pubblico, che può essere punita con la reclusione fino a due anni.
Gli accertamenti fiscali
Come detto precedentemente, il comune può avviare un accertamento fiscale e ha la facoltà di recuperare l’Imu non pagata fino a cinque anni prima. Ma c’è un altro aspetto importante che la Cassazione ha chiarito: quando i due coniugi dichiarano una residenza diversa, non può essere considerata abitazione principale né la prima né la seconda casa. A questo punto dunque le imposte dovranno essere versate per entrambi gli immobili.
di Giulia Dallagiovanna
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