Il dollaro forte spinge i turisti americani sui litorali del Vecchio Continente. E i grandi fondi tornano a investire sull’alberghiero di casa nostra. Il trend andrà confermato nella seconda parte dell’anno, ma stando almeno al consuntivo del primo semestre 2022, tornano le note positive su questo segmento dell’immobiliare.
Per l’Italia, 3 miliardi di euro di operazioni nel mercato immobiliare alberghiero
In Europa, il mercato immobiliare alberghiero ha chiuso il 2021 con un fatturato di 21,2 miliardi di euro e si prevede che il 2022 chiuda a 26,6 miliardi.
Trend confermato anche in Italia, con un fatturato 2021 di 2,5 miliardi di euro, che alla fine di quest’anno dovrebbe spingersi a 3,1 miliardi. Sono questi alcuni dei dati contenuti nel Rapporto 2022 sul mercato immobiliare alberghiero, presentato nel corso di Hospitality Forum 2022, organizzato dalla società di gestione del risparmio Castello Sgr e da Scenari Immobiliari.
“Il driver del 2022 e del prossimo biennio risponde al nome di flessibilità”, argomenta Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari.
“Esiste un modello di ‘nuovo viaggiatore’: lavoratore non organizzato, turista frequente, escursionista destagionalizzato. A questo corrisponde un diffuso aumento dei pernottamenti, tassi di occupazione da record per alcuni periodi dell’anno, lo sviluppo del segmento ‘bleisure’ (mix tra business e leisure). Restano, tuttavia, alcuni elementi che potrebbero avere un impatto negativo sul comparto, come eventuali nuove ondate di contagi, incremento dell’inflazione, costo dell’energia e aumento dei prezzi dei soggiorni, carenza di manodopera, lentezza nella ripartenza del turismo delle fiere e dei meeting”.
Tra 2021 e inizio 2022, sono passati di mano 76 alberghi di casa nostra. Nel dettaglio degli ultimi mesi, segnala un report di Dils (operatore nato dalla fusione tra GVA Redilco e Sigest) soltanto nel trimestre aprile-giugno, l’hospitality ha attirato investimenti per 280 milioni di euro.
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Quali immobili finiscono nel mirino degli investitori?
Di solito i pezzi pregiati, nelle località iconiche, che scatenano l’immaginario degli stranieri rispetto alla più classica tradizione italiana. E purtroppo con poca presenza del Sud Italia.
Inoltre, l’interesse degli investitori verso il nostro segmento alberghiero si dimostra anche per la presenza crescente delle grandi catene internazionali.
Un fenomeno positivo e che ha molto spazio per crescere, dal momento che la gran parte del nostro patrimonio è ancora in mano a proprietà di tipo famigliare.
Dalla Laguna al Colosseo
A Venezia, il gruppo internazionale Ihg Hotels & Resort ha appena aperto il suo secondo albergo a marchio “voco”. Four Seasons Hotels and Resorts assumerà la gestione dello storico Hotel Danieli.
Dopo un’ampia ristrutturazione, la struttura sarà rilanciata nel 2025 come Four Seasons Hotel Danieli. E sempre a Venezia, la catena Rosewwod Hotels (americana di origine, oggi controllata da una proprietà di Hong Kong) ha assunto la gestione dello storico Hotel Bauer, a due passi dal ponte di Rialto.
A Roma, invece, in piazza San Silvestro, Fort Partners ha appena acquisito il prestigioso Palazzo Marini, con lo scopo di trasformarlo in un albergo di lusso, la cui gestione sarà affidata a Four Seasons. Costo dell’operazione: 165 milioni di euro.
Tecnicamente, l’acquisizione è stata perfezionata dal fondo immobiliare italiano denominato Millennium Luxury, costituito da DeA Capital Real Estate SGR.
Ancora nella Capitale, il gruppo Arsenale Spa (società tra i cui fondatori figura Nicola Bulgari, della famiglia della maison del lusso famosa in tutto il mondo) ha siglato un accordo con il marchio Orient Express del gruppo Accor, per la ristrutturazione dell’hotel La Minerva.
A Verona, l’ex hotel SHG è passato di mano per oltre 7 milioni di euro, ceduto da Next Re Siiq e acquistato dagli austriaci di Ahc, che potrebbe “ribrandizzare” l’albergo con il loro marchio Amedia Hotel.
Un altro hotel di casa nostra, invece, entra a far parte del prestigioso elenco degli alberghi Relais & Châteaux. Si tratta del Grand Hotel Duchi d’Aosta di Trieste, boutique hotel a 5 stelle situato in Piazza Unità d’Italia.
Il denario del Medio Oriente, poi, continua (per fortuna) a baciare la Costa Smerlada, in Sardegna. La holding ominima (cui azionista unico è Qatar Holding, braccio operativo di Qatar Investment Authority) aprirà un quinto hotel di lusso entro fine anno e ha annunciato un piano di investimenti da 80 milioni di euro, tra nuove aperture e ristrutturazioni.
Chi vende e chi no
Infine, alcune curiosità riguardano anche il mondo delle grandi famiglie imprenditoriali italiane. Tra cui alcune cercano di fare cassa disfandosi di alcuni immobili di prestigio. Altri, invece, tengono botta e provano ancora a crescere.
I Benetton stanno mettendo in campo un deciso riassetto della cassaforte di famiglia, Edizione Holding. Da poco hanno siglato la cessione del controllo di Autogrill agli svizzeri di Dufry.
Sul fronte immobiliare, stanno raccogliendo offerte per la cessione di alcuni hotel di lusso, tra cui il Bulgari di Roma e il Fondaco dei Tedeschi a Venezia. Chi non intende vendere, invece, è la famiglia Fontana, industriali lombardi che hanno in mano lo storico Villa D’Este sul lago di Como più altri alberghi in zona e uno in Toscana.
Pare che l’ultima offerta, per l’intero portafoglio, fosse addirittura di un miliardo di euro. Cordialmente rispedita al mittente. Anzi, il gruppo ha appena aperto le porte a Villa Belinzaghi, sempre sul lago di Como, e dichiarato un piano di espansione per uscire dalla Lombardia e affermarsi in luoghi come Roma, Venezia e Costiera Amalfitana.
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