Con il lockdown si è intensificato anche il ricorso allo smart working. Le aziende che hanno potuto scegliere questa modalità, hanno chiuso gli uffici e messo i loro dipendenti in condizione di lavorare da casa. Un’abitudine che nel giro di qualche mese si è sedimentata e che per molti è diventata una nuova normalità. Questa è una delle ragioni per cui le compravendite di uffici e immobili commerciali sono scese rispettivamente del 17,2 e del 17,5%. Ancora peggio il settore produttivo, dove le richieste si sono ridotte del 22%.
Le ragioni sono diverse, ma su tutti domina l’incertezza per la fine dell’epidemia e per un’eventuale seconda ondata. Chi voleva avviare un’attività commerciale, ad esempio, ha deciso di aspettare tempi migliori e anche di capire se la concessione delle nuove licenze possa essere condizionata a determinati requisiti da cui possa dipendere il tipo di immobile che si cerca.
Un nuovo trend riguarda la scelta di aprire attività più piccole, legate al quartiere e soprattutto pensate per la vendita di prodotti alimentari. Il 61% degli acquisti di spazi commerciali, per la maggior parte di taglio inferiore ai 60 mq, ha avuto proprio lo scopo di messa a reddito. Un’altra conseguenza della pandemia che ha portato le persone a riscoprire la propria zona e a non volersi allontanare troppo da casa. Si è insomma accentuato un trend già percepibile negli ultimi anni che aveva portato anche le catene della grande distribuzione a puntare su questo tipo di negozi.
Per i prossimi mesi si attende una contrazione sia sui canoni di locazione che sui prezzi di vendita. Potrebbero infatti aumentare gli immobili disponibili, mentre stanno già cominciando le rinegoziazioni degli affitti, a causa dell’impatto economico della recente chiusura totale e che ancora non è calcolabile con precisione.
di Giulia Dallagiovanna
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