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La classifica delle città più vivibili al mondo: nessuna italiana tra le prime posizioni

Venezia è bella, ma non ci vivrei. Uno dei più classici tra i luoghi comuni si potrebbe applicare anche a tutte le città italiane, stando alla classifica del Global Liveability Index, l’annuale rapporto redatto dall’Economist Intelligence Unit (business unit del gruppo Economist Group) che stila la classifica di 140 metropoli con il più alto indice di vivibilità in tutto il mondo.

La classifica delle città più vivibili al mondo 2021

È Auckland, in Nuova Zelanda, a prendersi quest’anno il gradino più alto del podio. Al secondo posto troviamo la città giapponese di Osaka, mentre Adelaide, in Australia, si aggiudica la medaglia di bronzo.

Qui di seguito la classifica completa delle 10 città più vivibili al mondo secondo il Global Liveability Index:

  1. Auckland (Nuova Zelanda)
  2. Osaka (Giappone)
  3. Adelaide (Australia)
  4. Wellington (Nuova Zelanda)
  5. Tokyo (Giappone)
  6. Perth (Australia)
  7. Zurigo (Svizzera)
  8. Ginevra (Svizzera)
  9. Melbourne (Australia)
  10. Brisbane (Australia)

A dominare l’indice sono quindi soprattutto Nuova Zelanda e Australia, che occupano addirittura sei posizioni su dieci. Escludendo poi le due metropoli nipponiche, l’unica rappresentanza europea è quella svizzera, con due città all’interno della classifica.

Le città italiane? Non pervenute; o meglio in discesa: Roma, infatti, in soli sei mesi è scivolata al 57esimo posto.

Lo sviluppo del Global Liveability Index

Quest’anno anche la crisi sanitaria e le relative gestioni governative hanno direttamente influito sui posizionamenti del ranking. L’indice ha poi analizzato le metropoli secondo cinque parametri: stabilità, assistenza sanitaria, cultura e ambiente, infrastrutture ed educazione.

Proprio in Australia e Nuova Zelanda i più severi controlli alle frontiere hanno permesso di meglio affrontare la pandemia e di mantenere uno stile di vita prossimo alla normalità. Al contrario, le città europee e canadesi hanno registrato i maggiori crolli all’interno dell’indice a causa anche del crescente stress sul sistema sanitario.

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