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L’ecommerce non sbaraglia il negozio: salgono ancora i canoni nelle vie dello shopping

La pandemia ha sconvolto i consumi. Lo spiegano, da tempo, decine di report. Quando non si poteva uscire di casa, la ristorazione si è buttata sul delivery. Dalla moda all’elettronica, chi ancora non era presente nell’eCommerce si è affrettato ad aprire un canale digitale.

La spesa on line è diventata un must, compresa quella “ultraveloce”. Passata la sbornia, però, si sta facendo strada un concetto molto chiaro: il negozio fisico è ancora centrale.

A tutto beneficio dei proprietari dei negozi, che godono di canoni di affitto costantemente in crescita, nonostante le difficoltà della congiuntura attuale, tra rischio inflazione e guerra nel cuore dell’Europa.

Vendite on line ancora marginali?

Il fenomeno è evidente soprattutto nelle grandi “high street” della moda italiane, come emerge da un recente report redatto da World Capital, in collaborazione con la Federazione moda Italia.

Le vendite on line crescono, su questo non c’è dubbio. A marzo, nel fashion di alta gamma, il 71,6% delle vendite è stato effettuato esclusivamente in negozio, mentre il 29,4% proveniva da acquisti on line o attraverso i social con consegne a domicilio.

Ma se si guarda al settore moda nel suo complesso, per l’80% delle imprese, le vendite on line rappresentano ancora una fettina residua, intorno al 5%. E una proporzione simile si denota allargando lo sguardo ad altri comparti del commercio.

Secondo l’ultimo Osservatorio eCommerce Netcomm-Politecnico di Milano, fra abbigliamento, elettronica e food, gli acquisti on line a fine 2022, sul totale delle vendite, copriranno circa l’11% delle torta. Tutto il resto avviene “di persona”. E la crescita dell’eCommerce rallenta, perché nel 2021 (in confronto al 2021) era salito del 21%, mentre a fine anno il dato positivo si fermerà a +14%.


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Tra Roma e Milano, affitti dei negozi con punte da 15.000 euro/mq

La moda di alta fascia è l’emblema di questa dinamica.

A Milano, in via Montenapoleone, i canoni al metro quadrato sfiorano punte massime di 15.150 euro e minime di 11.000, mentre via Dante, via Torino e corso Vittorio Emanuele stanno in una forchetta compresa tra 10 e 15.000 euro/mq, leggermente più indietro via della Spiga (9.300/14.880 euro).

A Roma le cifre sono le stesse. Via dei Condotti, via del Corso, piazza di Spagna, via del Babuino, sono tutte zone in cui i canoni non sono mai arretrati e stanno in una forchetta compresa tra 10.000 e 15.000 euro al metro quadrato.

Diversi i valore a Venezia e Firenze. In Laguna, tra piazza San Marco e campo San Bartolomeo, si ragiona intorno ai 4.000/8.000 euro mq a seconda della posizione. A Firenze i canoni più alti si registrano in via dei Calzaiuoli, con punte che arrivano a 8.000 euro/mq, ma in generale l’affitto è compreso tra 2 e 5.000 euro/mq.

Anche qui, però, nessun calo. “Il settore immobiliare retail high street si attesta resiliente nella prima parte dell’anno, con valori di locazione in aumento nelle High Street di Milano, Roma, Firenze e Venezia” dichiara Andrea Faini, ceo di World Capital Group. “Tra queste location è Milano a essere la preferita dai retailer e dagli investitori, perché in grado di attrarre turismo e business”.

Nuove variabili di mercato

Ma come si spiega, più nel dettaglio, questa dinamica?

Da un lato, i canoni reggono anche per un elemento squisitamente numerico. Gli spazi da affittare, nelle vie del centro, sono sempre pochissimi.

Alcune vetrine hanno abbandonato, durante la pandemia, ma sono subito state rimpiazzate.

I metri quadrati sono merce rara, dove c’è grande passaggio pedonale, di conseguenza la scarsità di offerta tiene in alto prezzi e canoni. Accanto a questo, c’è un elemento commerciale. E questo sì, ha a che fare con le nuove dinamiche di consumo.

I grandi brand, non per forza del lusso, ma anche dei big dello sport, tipo Nike o Adidas, investono negli immobili non soltanto per generare vendite.

Il negozio è innanzitutto una vetrina, un modo per affermare il brand. Poi lo store è cambiato. Serve per organizzare eventi, ci sono utenti che toccano con mano un prodotto, ma poi magari preferiscono concludere l’acquisto con calma a casa, on line. Si ampliano nuovi servizi come il “clicca e ritira”. E questo sta modificando anche alcune technicality del mercato immobiliare.

Tradizionalmente, il canone d’affitto che un brand paga al proprietario dell’immobile è essenzialmente composto da due elementi:

  1. una parte “fissa” (con un minimo garantito);
  2. un’altra parte più piccola, variabile, legata al fatturato generato.

Adesso, ci sono casi in cui questa porzione variabile non dipende soltanto dalle vendite, ma anche soltanto dal footfall, ossia il passaggio di persone.

In altre parole, anche senza battere uno scontrino, l’ingresso in negozio dei potenziali consumatori è considerato un valore, perché comunque genera conoscenza del brand e perché, come detto, l’acquisto può essere concluso anche a distanza in un secondo momento.

Ma il negozio e la sua vetrina hanno ugualmente avuto un ruolo indispensabile per catturare il cliente.

di Adriano Lovera

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