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Lo smart working consentirà davvero di ripopolare i borghi italiani? Il parere degli esperti

Ripopolare i piccoli borghi italiani, fermando il loro declino sotto il profilo sia demografico sia immobiliare: non si tratta solamente di un’esigenza eticamente apprezzabile, per preservare una delle parti più autentiche dell’italianità, fatta di tradizioni tramandate di porta in porta e di consuetudini locali. È anche un tema centrale sotto il profilo economico e sociale, negli ultimi mesi più che mai.

Dopo un anno segnato dalla pandemia – in cui le esigenze di distanziamento hanno accelerato l’adozione del lavoro a distanza o da remoto da parte delle aziende – si ha la prova che è possibile allontanarsi dalle grandi città. Una buona connessione è sufficiente per lavorare, anche in campagna o tra i pascoli. Ma per quanto tempo?

Così si leggono sempre più spesso i meriti del remote-working; si tessono le lodi del south-working e della possibilità di leggere le mail dalla riva di una spiaggia; si moltiplicano le notizie delle iniziative dei piccoli comuni che vendono case a 1 euro per riappropriarsi di qualche abitante e contrastare il problema – serio e grave – del degrado del patrimonio immobiliare.

Istanze sociali ed economiche, non da ultime quelle legate alla valorizzazione in chiave turistica di molti territori, si intrecciano al tema del rilancio del paese attraverso un recupero anche abitativo delle sue zone più isolate.

È quindi facile individuare le nuove tendenze. Più complicato, invece, predire se perdureranno in maniera stabile; o se al contrario si tratta di bolle destinate a scoppiare prima del previsto. Abbiamo perciò voluto interpellare in questo senso alcune tra le voci più autorevoli del mercato immobiliare italiano, cercando di capire insieme a loro se davvero ci sarà un cambio di rotta a favore dei piccoli borghi italiani. E soprattutto se è destinato a durare.

Lo smart working e il peso del luogo di origine nelle scelte abitative

Ad analizzare lo stretto legame tra lavoro e scelte abitative è uno studio di Gabetti, che riesce a esprimere in numeri e percentuali l’attuale contesto, delineando un quadro più chiaro su come potrebbe evolvere il rapporto tra professionisti e investimenti immobiliari nei piccoli comuni italiani.

Da una recente ricerca svolta dall’Ufficio Studi Gabetti, su un campione di oltre 300 lavoratori, è emerso come lo Smart Working incide in modo significativo sulle scelte abitative. Da un punto di vista delle dinamiche localizzative, per il 21% degli smart worker potrebbe significare il trasferimento nel comune di origine (nel Centro e Sud Italia), mentre per l’8% in quello di origine nella stessa regione o in quelle limitrofe del Nord. Le “origini familiari” costituiscono quindi un driver importante nella scelta. In questo contesto, tecnologia e connettività potrebbero essere gli elementi che possono aiutare anche i piccoli borghi ad attrarre risorse umane. Oltre agli investimenti digitali, da un punto di vista immobiliare, la strada potrebbe essere quella di creare spazi di coworking, in cui gli smart worker possano interagire e confrontarsi con altri professionisti.

FRANCESCA FANTUZZI, responsabile Ufficio Studi Gabetti

La vera “rivincita” dei sobborghi urbani e delle periferie cittadine

Se c’è stato un cambio di passo, al momento sembra che a beneficiarne maggiormente siano stati i centri suburbani più che i piccoli borghi italiani. La centralità della metropoli perde di attrattività a favore di abitazioni situate in contesti più periferici, ma comunque ben collegati a servizi e attività.

I dati analizzati dall’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa, riferiti all’intero 2020 e agli spostamenti nelle metropoli hanno registrato un aumento del 3% di coloro che, per acquistare, si sono spostati dalle grandi città nell’hinterland delle grandi città alla ricerca di immobili a prezzi più contenuti. C’è stato anche un incremento di chi si è spostato in capoluoghi di provincia alla ricerca di una qualità di vita migliore, più a misura d’uomo e con un’offerta abitativa in linea con le nuove esigenze emerse. Alcune di questa realtà poi hanno registrato anche un aumento dei valori immobiliari.  Tra di esse, ci sono anche diverse località di mare. Infatti, durante il lockdown, molti proprietari di seconda casa l’hanno utilizzata per trascorrere il periodo di confinamento e, alla riapertura, c’è stata una corsa all’acquisto della casa in località turistiche sia come casa vacanza sia come prima casa.  Questo è stato possibile grazie al ricorso allo smart working.

Quello del ripopolamento dei borghi è un tema di cui si è discusso ma come Gruppo Tecnocasa non abbiamo dati sufficienti per confermare questo trend. Sicuramente la pandemia ha fatto desiderare un nuovo stile di vita ma che sembra orientato soprattutto verso località di provincia ben servite (scuole, ospedali, centri commerciali, servizi di vicinato, piste ciclabili, parchi) e ben collegate con la città, che abbiano infrastrutture e collegamenti ferroviari che rendono agevole il raggiungimento del posto di lavoro. Quindi sono stati preferiti tutti quei paesi e città in cui ci sono collegamenti (metropolitane, alta velocità) che rendono più agevole il trasferimento verso il luogo di lavoro. Ci segnalano solo casi sporadici di persone che scelgono di andare a vivere in borghi, spesso di montagna o di mare.

FABIANA MEGLIOLA, Responsabile Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa

Le stesse tendenze sono segnalate anche da RE/MAX Italia e si aggiungono a una più ampia rivalutazione sugli spazi domestici, che ora devono essere più ampi e comodi. E in quest’ottica i bonus fiscali, come il Superbonus al 110%, contribuiranno ad accrescere l’interesse per le cinture suburbane.

Abbiamo assistito ad un calo delle transazioni nei Capoluoghi di provincia e a un aumento delle transazioni relative ad immobili residenziali in provincia registrando un +3% rispetto all’anno precedente. I dati pubblicati nella prima edizione del Report Annuale firmato da Real Estate DATA HUB elaborato dai Centri Studi RE/MAX Italia e Avalon Real Estate, riportano uno spostamento della domanda in favore di abitazioni più ampie, le transazioni di ville, case indipendenti, chalet, sono aumentate del 2% nel 2020 rispetto all’anno precedente e crediamo che questa tendenza continuerà.

Questo nuovo trend vedrà l’affermarsi di un boom suburbano, che porterà a un nuovo ripopolamento dei borghi italiani grazie anche agli incentivi – come Superbonus ed Ecobonus –  che, oltre a offrire importanti agevolazioni alle potenziali famiglie interessate,  determinerà ricadute economiche positive per aziende e lavoratori coinvolti in interventi che puntano alla valorizzazione del patrimonio immobiliare italiano, non solo da un punto di vista squisitamente estetico, ma soprattutto in termini di efficientamento degli immobili.

DARIO CASTIGLIA, CEO & Founder RE/MAX Italia

Per gli affitti saranno centrali le condizioni lavorative una volta finita l’emergenza

Anche il settore degli affitti sembra seguire le dimaniche e le tendenze fin qui descritte, pur con un margine di incertezza più ampio e legato alle scelte aziendali una volta terminata l’emergenza sanitaria.

Difficile oggi immaginare esattamente quello che avverrà. In poco tempo e per motivazioni così forti il mondo del lavoro si è trasformato con grande velocità, portando, soprattutto in Italia, per la prima volta ad utilizzare in maniera consistente lo smart working. Come ci insegna la storia, da sempre, il cambiamento delle condizioni di lavoro implicano mutamenti nel vivere e quindi nell’abitare. Perché allora, non essendo più obbligati a recarci in grandi ed affollate città, non riprenderci gli spazi più ampi, vivibili e puliti della periferia? o dei tanti piccoli borghi che fanno dell’Italia un paese così ricco di meraviglie?

Certamente quello che abbiamo constatato in questo anno è che in molti si sono spostati, con grande soddisfazione per la qualità della vita e per l’economia: affittare un appartamento in questi luoghi può costare decisamente meno dell’appartamento in pieno centro in un’area metropolitana.

D’altra parte l’offerta non è mancata: diversi appartamenti finora adibiti all’affitto breve o del tutto sfitti si prestano bene a questa nuova esigenza abitativa. Se questo potrà protrarsi anche oltre l’emergenza sanitaria dipenderà da quanti lavoratori rimarranno in smart working e da quanti di loro, che torneranno ad affollare gli uffici nelle metropoli, saranno disposti a rinunciare a dimensione e distanza in favore di comodità e vicinanza.

ISABELLA TULIPANO, PR & Brand Manager di SoloAffitti

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