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Loft e Catasto, occhio agli imprevisti

Specialmente nelle grandi città, si trovano numerosi annunci relativi alla vendita di “loft“. Secondo la definizione classica, si tratta di un intero piano, o un intero spazio, in cui in precedenza sorgevano attività manifatturiere, commerciali o magazzini, recuperato e trasformato così da ricreare un ambiente abitativo.

Alcuni annunci, in realtà, utilizzano la dicitura “loft” per appartamenti normali, cui si cerca di dare una patina moderna. Ma quando si tratta di un vero loft, ricavato dalla trasformazione di un immobile esistente, occorre prestare attenzione a diversi aspetti tecnici prima di avviare una trattativa d’acquisto. Se le informazioni non sono chiare subito, si rischia di ritrovarsi impantanati.

La categoria catastale è corretta?

L’elemento principale da verificare è la categoria catastale in cui si trova l’immobile nel momento in cui il costruttore, l’agenzia immobiliare o il privato, lo mette in vendita.

La situazione di gran lunga preferibile è un immobile già accatastato come “abitazione“, che dunque ricada nelle categorie più frequenti della lettera A (A/2 abitazione civile, A/3 abitazioni economiche e così via). In questo caso non ci sono problemi. La casa, se adibita ad abitazione principale, può essere acquistata godendo delle imposte agevolate “prima casa”.

Il discorso è diverso se l’immobile si trovi in un’altra categoria catastale, come la A10 (uffici) o nel lungo elenco di immobili C (C/2 magazzini, C/3 laboratori). È necessario ci sia concordanza tra la “destinazione d’uso“, in questo caso la “residenziale”, e la categoria catastale corrispondente.

“Le conseguenze del mancato allineamento tra questi due elementi sono diverse, a seconda che l’atto avente a oggetto l’immobile produca o meno un passaggio di proprietà. Un contratto di compravendita, per esempio, potrebbe essere addirittura nullo. Mentre un contratto di locazione potrebbe provocare sanzioni o azioni giudiziarie da parte del conduttore nei confronti del locatore” spiega Barbara Abbati, avvocato cassazionista del foro di Milano, esperta in materia immobiliare.

Imposte più gravose

Se si decide ugualmente di acquistare un loft accatastato a negozio o ufficio (i cosiddetti immobili “strumentali”) cambiano anche le imposte, che si calcolano sul prezzo commerciale e non sulla rendita catastale rivalutata (quindi sul valore più alto tra i due).

Le fattispecie sono varie. Ma in linea generale, la compravendita è soggetta a IVA al 22%, se il venditore è un’impresa, o imposta di registro al 9% se privato. Esistono regimi più favorevoli in alcuni casi particolari, se per esempio il costruttore vende trascorsi 5 anni dall’ultimazione dei lavori o se si tratta dei cosiddetti fabbricati “tupini”.

Come cambiare la destinazione d’uso

La soluzione per trasformare in abitazione un loft accatastato come ufficio o laboratorio è richiedere, in Comune, la pratica di cambio di destinazione d’uso dell’immobile, in modo che diventi “residenziale”. Solo terminata la pratica, il Catasto registrerà la nuova categoria. Il cambio di destinazione d’uso è una pratica complicata, che comporta delle spese e per cui necessariamente occorre appoggiarsi a un professionista.

L’iter si effettua presso l’ufficio Urbanistica del proprio Comune. Affinché un immobile sia “ammesso” come residenza deve rispettare alcune norme (per esempio, una metratura minima del bagno principale, un determinato rapporto tra superficie e luce che proviene dalle finestre), che in linea generale derivano ancora da un decreto ministeriale del ministero della Sanità, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n.190 del 18 luglio 1975. Ma nella pratica, è necessario fare riferimento ai Regolamenti edilizi comunali e ai Piani regolatori, che possono imporre diversi “paletti” a seconda del tipo di immobile e dell’ubicazione. Non è infatti scontato che il municipio conceda il cambio. E anche quando la variazione è permessa, potrebbe essere necessario effettuare opere di ristrutturazione, così da rispettare i criteri richiesti.

Fa fede la data di rogito

Nel caso si possa modificare l’immobile e adibirlo correttamente ad abitazione, esiste un modo per pagare le imposte come “prima casa”? Una recente Ordinanza della Cassazione (22560/2021, Quinta sezione, Civile), pur affrontando una fattispecie parzialmente differente, ha confermato un principio: fa fede la situazione al momento del rogito.

“Quindi, affinché il compratore possa accedere al regime agevolato, il loft dovrà risultare accatastato quale abitazione già al momento della stipulazione del contratto di compravendita. Tuttavia, poiché fino a quel momento la titolarità del bene resta in capo al venditore, solo questi sarà legittimato a effettuare il cambio di destinazione d’uso salvo, su accordo delle parti, eventualmente accollarne le spese all’acquirente” aggiunge l’avvocato Abbati. Se l’acquirente decidere ugualmente di acquistare il loft non come abitazione, la legge non consente di richiedere retroattivamente l’applicazione delle imposte agevolate “prima casa”.

di Adriano Lovera

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