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Nuova Irpef 2022: a guadagnare di più saranno dipendenti e dirigenti

In questi ultimi giorni si è molto discusso della nuova riforma fiscale, che comprende anche la tanto discussa riforma dell’Irpef. Come avevamo anticipato in questo articolo, infatti, gli scaglioni di reddito scenderanno da 5 a 4, e si baseranno su nuove percentuali di reddito e nuove aliquote.

Scomparirà infatti quello pari al 41%, mentre verranno mantenuti i restanti quattro così ripartiti:

  • 23%: per redditi fino a 15mila euro;
  • 25%: per redditi tra 15mila e 28mila euro;
  • 35%: per redditi da 28mila e 50mila euro;
  • 43%: per redditi oltre i 50mila euro.

Ma chi, a tutti gli effetti, guadagnerà di più in busta paga dall’intervento su aliquote e detrazioni così come previsto dal maxi-emendamento alla Manovra?

Vediamo assieme cosa è emerso da un recente studio effettuato dall’Ufficio parlamentare di bilancio, l’autorità dei conti pubblici, che ha simulato l’impatto reale sullo stipendio dei contribuenti.

Le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio

La situazione che emerge dalla ricostruzione effettuata dall’Ufficio, che tiene conto delle caratteristiche della popolazione, dei nuclei familiari e dei diversi redditi percepiti, ovvero del contribuente “reale”, è abbastanza inedita.

In breve, la somma degli interventi previsti genera una per circa due terzi del totale dei contribuenti italiani una riduzione del peso del fisco di 264 euro medi pro capite.

C’è poi una fetta di popolazione che non ha praticamente benefici in busta paga. E circa 370mila contribuenti verranno “penalizzati” dalla manovra: infatti andranno incontro a un incremento d’imposta, perdendo 188 euro pro capite, per 70 milioni di euro complessivi.

È la differenza tra reddito imponibile e complessivo a generare questa perdita. Sul primo, infatti, si calcolano le imposte. Sul secondo le detrazioni. Nel momento in cui un contribuente ha solo redditi da lavoro o da pensione, l’effetto della riforma è certamente positivo. Ma se ci sono redditi diversi, come quello da cedolare secca, in qualche caso il risparmio garantito dalle nuove aliquote non riesce a compensare la perdita delle detrazioni.

Chi guadagnerà di più con la nuova Irpef

Stando al rapporto “emerge una riduzione media di imposta più elevata per i dirigenti (circa 368 euro), seguita da quella degli impiegati (266 euro) e infine degli operai (162 euro)“. I valori assoluti, quindi, sono favorevoli per gli stipendi più alti. Se invece si guarda l’incidenza del beneficio fiscale sul reddito, per impiegati e operai si attesta sull’1%, mentre scende allo 0,3% per i dirigenti.

Ma cosa vuol dire in termini di effetto in busta paga? Chi trae un beneficio dalla nuova Irpef guadagna, in media, 264 euro in più: di questi circa la metà vedono scendere il beneficio a 185 euro, mentre per un contribuente su otto l’incremento supera i 500 euro.

Entrando un po’ più nel dettaglio, per chi ha un reddito imponibile tra i 42 e i 54mila euro (tra i 3.500 e i 4.500 euro mensili) il beneficio, in busta paga, sale a ben 765 euro. Scendendo poi tra i redditi più bassi, è soprattutto l’incremento delle detrazioni a garantire il beneficio maggiore (229 euro) che si ritrova nella fascia tra 12 e 18mila euro e che supera quel che accade per le due classi di reddito immediatamente superiori (rispettivamente 204 e 155 euro).

Escluso dai benefici il 20% delle famiglie più povere

“Il 50 per cento dei nuclei in condizione economica meno favorevole beneficia di circa un quarto delle risorse complessive (circa 1,9 miliardi), mentre il 10 per cento più ricco beneficia di più di un quinto (1,6 miliardi)”, annota l’Upb.

Andando infatti a considerare il nucleo famigliare, ne consegue che maggiore è il reddito familiare, tanto più sale il reddito disponibile. Tuttavia, per effetto dell’incapienza, circa un quinto delle famiglie, quelle più povere, non ha benefici. “Di fatto – dichiara l’Upb – il 20 per cento delle famiglie in condizione economica meno favorevole, che sono già sostanzialmente escluse dall’ambito di applicazione dell’Irpef a causa dell’elevato livello dei redditi minimi imponibili, non sono coinvolte dalla revisione dell’Irpef. Ciò implica che se le future politiche sociali vorranno ulteriormente sostenere i redditi delle famiglie più povere dovranno affidarsi a strumenti diversi dall’Irpef, quali trasferimenti monetari diretti o meccanismi di imposta negativa”.

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