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Rate del mutuo pagate in ritardo: ecco che cosa si rischia

Quando non si riesce più a essere regolari nel pagamento del mutuo e si comincia a saldare le rate in ritardo, si può andare incontro a guai seri. Anche, eventualmente, alla disdetta del contratto di mutuo da parte della banca. Per fortuna, però, l’iter è a tappe e di solito gli istituti di credito preferiscono trovare una soluzione di compromesso.

Tasso di mora, ecco quando scatta

Uno dei primi intoppi cui si può andare incontro si presenta se sono passati più di 30 giorni dalla data di scadenza di una rata. Dopo questo periodo, infatti, sulla cifra viene applicato il tasso di mora, ossia una quota di interessi aggiuntiva rispetto al normale tasso del finanziamento.

Il tasso di mora è di solito compreso tra il 2% e il 4% e, per legge, non può mai superare determinate soglie “anti usura”, definite ogni trimestre dalla Banca d’Italia, nel documento che registra anche la media di mercato dei Tassi effettivi globali medi. Qui è disponibile la versione più aggiornata a oggi.

Se i pagamenti riprendono regolarmente, tutto rientra. Altrimenti, ogni rata pagata con oltre un mese di dilazione subisce il rincaro della “mora”.

La segnalazione in “banca dati”

Un altro effetto negativo, conseguenza dei ritardi, è la cosiddetta “segnalazione” nelle banche dati Sic (Sistema di informazioni creditizie), note anche come “centrali rischi”.

Sono database privati (il più importante è quello gestito da Crif, ma ce ne sono molti come Experian-Cerved, Ctc, Assilea) che vengono consultati regolarmente da banche e società di credito al consumo, per verificare l’affidabilità finanziaria dei soggetti che chiedono un mutuo o un prestito.

Quando si viene segnalati nelle banche dati come pagatori “problematici”, e fino alla cancellazione di questo “marchio”, è molto difficile poter accedere a mutui, prestiti, ma anche solo a utilizzare carte di credito o revolving, e persino assegni.

La segnalazione non è automatica. Se si tratta del primo caso di ritardo, la banca come prassi invia un preavviso al cliente, concedendo un tempo massimo di 15 giorni per sanare il debito mensile, senza conseguenze. Ma se si verifica un ritardo anche solo per due volte, la comunicazione finisce in centrale rischi. Attenzione: questo termine non ha niente a che fare con il tasso di mora, dunque la banca può far scattare questa sorta di “allarme” anche per rate pagate in ritardo di pochi giorni

Una volta finiti nella lista dei cattivi pagatori, si aspetta molto tempo prima che avvenga la cancellazione, secondo questo schema:

  • 12 mesi a partire dalla regolarizzazione della posizione, per 1 o 2 rate in ritardo;
  • 24 mesi per più di 3 rate in ritardo;
  • da 36 mesi a 60 mesi per i casi più seri (morosità, gravi inadempimenti, debiti che si trasformano in “sofferenze” di bilancio per la banca).

Il diritto della banca a risolvere il contratto

In linea di principio, al presentarsi dei problemi, la banca avrebbe la facoltà di sciogliere il contratto di mutuo per almeno tre motivazioni, come spiega la guida “Mutuo informato 2021” redatta dal Consiglio nazionale del Notariato, insieme alle associazioni dei consumatori:

  • il mancato pagamento anche di una sola rata (non si intende il ritardo nel saldo, ma proprio l’interruzione dei pagamenti);
  • un ritardo superiore ai 180 giorni anche di una sola rata;
  • un ritardo compreso fra 30 e 180 giorni nel pagamento di una rata, che si ripete per almeno 7 volte durante il corso del finanziamento.

Quando la situazione è diventata critica, naturalmente la banca avvia gli strumenti a disposizione per rientrare del debito, che sono vari. Se nel contratto di mutuo figura un garante fideiussore, questi viene coinvolto.

Spesso l’istituto “cede” la pratica del recupero a una società di recupero crediti. Oppure si può aprire la strada del “pignoramento del credito verso terzi”, dove in sostanza la banca coinvolge un terzo soggetto (come il datore di lavoro, un committente del cliente nel caso di lavoratori autonomi o l’ente pensionistico) intimando di trattenere il debito dallo stipendio o dalla pensione.

Infine si può arrivare all’atto più importante, cioè il pignoramento e la vendita all’asta dell’immobile concesso in ipoteca.

Meglio prevenire

Le banche, che hanno ancora “in pancia” una montagna di miliardi di crediti in sofferenza, legati ai mutui, non hanno un grande interesse a portare gli immobili all’asta. È infatti una procedura che dilata i tempi e di solito garantisce il recupero di una porzione ridotta del denaro.

Quando si accusano problemi nel pagare le rate, la soluzione migliore non è “fuggire” dalla banca, ma rendere subito nota la situazione di difficoltà. L’istituto, segnala ancora la guida del Notariato, può mettere in campo una serie di azioni che consentono di andare incontro alle esigenze di entrambe le parti e permettere il proseguimento del finanziamento. Tra queste:

  • il rifinanziamento totale o parziale del credito;
  • l’allungamento della durata del mutuo, con un conseguente abbassamento della rata mensile;
  • la sospensione temporanea del pagamento;
  • la rinegoziazione del tasso di interesse, anche in questo caso in modo da alleggerire la rata.

di Adriano Lovera

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