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Stato di morosità dell’inquilino: ecco quando e come si accerta

È la legge a determinare se l’inquilino di una casa in affitto è moroso o meno. Lo ha chiarito una recente sentenza del Tribunale di Roma a proposito di un intimo di sfratto per morosità notificato da una società nei confronti del proprio conduttore. Non è quindi il giudice, a sua discrezione, a decidere se chi ha omesso di pagare una o più mensilità del suo affitto è in stato di morosità.

La valutazione è ancorata a due presupposti oggettivi: il primo di tipo quantitativo, legato al mancato pagamento di una rata del canone di locazione o di oneri accessori per un importo superiore a due mensilità di canone; il secondo di natura temporale, che corrisponde al ritardo per oltre venti giorni dalla scadenza del termine convenuto, o di due mesi in caso di oneri accessori. Ai sensi dell’art. 1455 del codice civile, una volta trascorsi venti giorni dalla scadenza prevista, il mancato pagamento dell’affitto costituisce motivo di risoluzione del contratto di locazione.

Va chiarito che, ai sensi della legge, il pagamento delle mensilità dovute avvenuto dopo l’inizio del processo di risoluzione del contratto non può costituire sanatoria. L’inadempimento dell’inquilino rappresenta, in sostanza, un’alterazione delle regole contrattuali tali da determinare la risoluzione del contratto d’affitto. Secondo l’art. 1460 del codice civile, la sospensione totale o parziale del pagamento delle rate d’affitto da parte dell’inquilino è legittimata solamente quando venga completamente a mancare il pieno godimento del bene immobile oggetto del contratto di locazione.

di Giovanni Marrucci

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