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Riscaldamento centralizzato, perché si paga il “consumo involontario” anche se è staccato

Il Tribunale di Venezia, con la Sentenza n. 1506 del 26 luglio 2021, ha ribadito la procedura da seguire per distaccarsi correttamente dall’impianto di riscaldamento centralizzato sottolineando che, in questi casi, anche chi rinuncia al servizio è tenuto comunque al pagamento delle quote relative alla fisiologica dispersione di calore dall’impianto comune, il cosiddetto “consumo involontario”.

In proposito, il Tribunale sottolinea che la rinuncia all’uso del servizio del riscaldamento comune non deve determinare un notevole squilibrio di funzionamento dell’impianto nel suo complesso, né tantomeno comportare un aggravio di spese per gli altri condòmini.

Se vengono rispettati tali parametri, è pacifico il diritto del singolo condomino di distaccarsi dal riscaldamento centralizzato.

Distaccamento dal riscaldamento centralizzato: un caso concreto

Partendo da tale considerazione, il giudice veneto richiama la giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo la quale il condòmino che provvede al distacco nella piena osservanza delle regole, è comunque tenuto al pagamento delle spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.

Sulla scia di tale orientamento, a confermare la piena validità delle delibere impropriamente impugnate da una condòmina e oggetto di causa, il Tribunale ribadisce che il condòmino che rinuncia all’uso dell’impianto di riscaldamento centralizzato paga anche il cosiddetto consumo involontario, essendo ben possibile che una quota di tali consumi venga addebitata in misura fissa.

E infatti, mentre i consumi volontari, da imputare alla quota variabile, sono quelli dipendenti dall’azione diretta del condòmino/utente e devono essere ripartiti in base al consumo reale ed effettivo, i consumi involontari prescindono dalla volontà del singolo e sono riconducibili alla dispersione del calore dalla rete di distribuzione comune.

Come tali, in quanto costi per la manutenzione e la gestione dell’impianto, possono essere legittimamente addebitati in quota fissa.

Nel caso usato come esempio, il fatto di aver addebitato alla condomina una spesa per consumi involontari derivanti dall’impianto comune, in una misura pari al 30% del totale, non rappresenta alcuna violazione di legge.

Resta inteso che tutti i condòmini, all’unanimità, possono regolare diversamente la suddivisione delle spese riconducibili al riscaldamento centralizzato perché l’art.1123 c.c. prevede espressamente la possibilità di una diversa convenzione tra gli interessati.

di Roberto Rizzo

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