La diciassettesima Biennale di Architettura di Venezia si chiede How will we live together?, come vivremo insieme? L’idea è quella di indagare a fondo su approcci e possibili soluzioni concrete per il futuro, che si immagine come inclusivo tra popoli e specie diverse. Il curatore è Hashim Sarkis, architetto e professore nato a Beirut nel 1964.
La mostra internazionale e il focus del settore architettura
Quest’anno sono cinque le sezioni in cui si suddivide il tema principale e che tentano di rispondere alla domanda di poco sopra: Among Diverse Beings, As New Households, As Emerging Communities – e due al Padiglione Centrale – Across Borders e As One Planet; cioè come esseri umani tra i diversi Paesi, come nuovi nuclei familiari, come comunità emergenti, tra le diverse specie e come unico Pianeta.
Il padiglione italiano
A cura dell’architetto Alessandro Melis, il tema di fondo del Padiglione Italia è “Comunità Resilienti” e guarda alla riqualificazione delle periferie e a un Paese che prova a ripartire dal basso. Maurizio Carta, ad esempio, ha portato le Università come simbolo di resilienza, mentre RebelArchitette si occupa di intersezionalità e prospettiva femminile con il progetto “Disintossicare l’architettura delle ineguaglianze”.
E ancora, il “Laboratorio Peccioli”, un piccolo borgo in provincia di Pisa dove viene gestita una gigantesca discarica e si trasformano i rifiuti in energia, e quindi servizi e opportunità.
Le suggestioni dell’Arsenale
Un deciso sguardo al futuro domina all’Arsenale con installazioni come Refuge for Resurgence di Superflux, dove una tavola da pranzo post fine del mondo viene allestita per commensali di tutte le specie. Ma anche il quartiere La Palomera a Caracas, portato da Enlace Arquitectura, che mostra la riproduzione di quasi due ettari di spazi verdi costituiti da scalinate, vialetti, cortili e piazzette ricchi di orti e piante coltivate per cucinare.
di Giulia Dallagiovanna
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