L’amianto è un materiale di origine naturale con struttura fibrosa.
La sua elevata resistenza lo ha reso un ottimo additivo per il cemento e per le vernici e, per questo, è stato, in passato, diffusamente utilizzato in edilizia, per la realizzazione di grondaie, tubi, tramezzi e piastrelle; le sue proprietà isolanti, inoltre, lo hanno reso particolarmente appetibile come materiale per rivestire tetti e pareti.
L’amianto si presenta come un materiale friabile che, se danneggiato, polverizzato o, comunque non correttamente smaltito, rappresenta un grave pericolo per la salute.
Se inalato, non viene eliminato dall’organismo e può, dunque, provocare gravi malattie dell’apparato respiratorio.
Fatta tale premessa, dobbiamo porci una domanda: il conduttore di un immobile che, successivamente alla stipula del contratto di locazione, scopre la presenza di amianto nella copertura dei locali affittati può, solo per questo, legittimamente sospendere la corresponsione del relativo canone?
Amianto sul tetto: il limite della tollerabilità
Attualmente, per i manufatti di realizzazione precedente all’entrata in vigore della Legge n. 257/92, non esiste un divieto assoluto e generalizzato che impedisce la persistenza di detto materiale nelle strutture; esiste, piuttosto, un obbligo di valutare costantemente il rischio derivante dal deterioramento delle stesse, che, per le caratteristiche proprie dell’amianto, determinerebbe la dispersione nell’aria di particelle dannose.
Esiste, dunque, l’obbligo di contenere il pericolo, nei limiti ritenuti accettabili e previsti dal legislatore attraverso il monitoraggio continuo della conservazione del c.d. vetro-cemento.
La posizione della giurisprudenza
In proposito, il Tribunale di Cremona, con la sentenza n. 377 del 22 settembre 2021, ha affermato il principio secondo il quale il conduttore (nel caso specifico si trattava di un locale ad uso commerciale) non può sospendere la corresponsione dei canoni solo perché scopre che lo stabile è coperto d’amianto, se non sono superati limiti citati, ed il proprietario non è intervenuto per bloccare le infiltrazioni di acqua piovana conseguenti al deterioramento del tetto comune.
La sospensione anche parziale del versamento dei mensili, infatti, può dirsi giustificata solo se venga completamente a mancare la prestazione da parte del locatore.
Ben può accadere, infatti, che l’amianto presente nella copertura dello stabile sia di tipo compatto e, come tale, di per sé, ove correttamente manutenuto, non offensivo, seppure da monitorare con regolarità ad opera del proprietario.
L’orientamento della Cassazione: il canone va pagato sempre
La posizione appena ricordata riprende il consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Civ. 2099/2013), secondo la quale il conduttore non può astenersi dal versare il canone solo perché il locatore non ha dichiarato la sussistenza della copertura in amianto del fabbricato.
La sospensione, totale o parziale, dei pagamenti è legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del proprietario consistente, anche, nel fare in modo che la copertura di amianto non si deteriori e si mantenga inalterata, in modo da non essere inalabile e, dunque, pericolosa.
di Roberto Rizzo
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