L’articolo 1118 del codice civile stabilisce che non è possibile rinunciare alla proprietà comune, a cui si aggiunge il divieto di rinunciare all’uso delle parti comuni, anche nei casi di riduzione delle spese o mediante trasformazione dell’uso.
È prevista però un’eccezione per il distacco dell’impianto centralizzato di riscaldamento o condizionamento, possibile a determinate condizioni.
Rinuncia alle parti comuni
Quando si parla di rinuncia alle parti comuni, occorre distinguere tra rinuncia al diritto di proprietà (o meglio di comproprietà) sulle parti comuni dalla rinuncia all’uso delle parti comuni.
Sul primo punto, come appena visto, l’art. 1118 c.c. pone un divieto assoluto: il singolo condomino non può rinunciare al suo diritto sulle parti comuni. Ciascun condominio non può scindere la proprietà esclusiva dalla proprietà delle parti comuni. Per esempio, non può sottrarsi alla proprietà del cortile con la motivazione che non di solito non lo attraversa.
Il condominio degli edifici è una forma di “comunione forzosa”, fondata proprio sul legame inscindibile tra proprietà esclusiva e comune. Nel momento in cui acquisto un appartamento in condominio, acquisto anche la comproprietà delle parti comuni.
Rinuncia all’uso
Il terzo comma dell’art. 1118 c.c. si occupa della rinuncia all’uso delle parti comuni. Anche qui viene sancito un divieto assoluto di rinuncia: “il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della proprie unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali”.
In altri termini, è impossibile la rinuncia all’uso delle parti comuni, anche nei casi di riduzione delle spese o di trasformazione dell’uso. Quindi se l’appartamento è vuoto o la casa diventa ufficio non si potrà chiedere una riduzione delle spese condominiali.
Spese di conservazione e spese d’uso
Il divieto di rinuncia all’uso è strettamente legato all’obbligo dei condomini di contribuire alle spese condominiali. Una distinzione è possibile tra spese di conservazione e spese d’uso.
Le prime sono legate, appunto, alla manutenzione straordinaria e alla conservazione del bene comune, e sono sempre a carico di tutti i condomini (anche di coloro che non usano quei beni).
Le seconde, invece, sono legate all’uso del bene e, in alcuni casi, possono essere ridotte o escluse in relazione all’uso che ciascun condomino fa di quel bene, tenuto conto delle caratteristiche del bene stesso (si pensi, per esempio, alle scale o all’ascensore).
L’mpianto di riscaldamento
L’ultimo comma dell’art. 1118 c.c. contiene un’eccezione limitatamente al distacco dall’impianto centrale di riscaldamento o condizionamento.
In questo caso, “il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”.
Anche qui, però, il legislatore distingue tra spese di conservazione (sempre dovute) e spese d’uso. È stabilito infatti che “il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”.
In buona sostanza, il condomino che decide di distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato non dovrà più partecipare alle spese di fornitura (di combustibile) o quelle ordinarie (pulizia degli apparati), ma continuerà a essere obbligato a pagare tutte le altre spese rientranti nelle spese di manutenzione straordinaria, conservazione e messa a norma dell’impianto.
di Giuseppe Donato Nuzzo
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