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Polizze affitto sicuro: ecco come funzionano e i rischi

Gli investimenti immobiliari sono in ripresa. E in tanti sono tornati a riporre fiducia nel mattone, da mettere a reddito. Chi cerca un’entrata duratura nel tempo, più che sullo short rent, è indirizzato al contratto d’affitto a lungo termine, il tradizionale “4+4”. Un contratto che “lega” per anni proprietario e inquilino, dove sono indispensabili fiducia e affidabilità da entrambe le parti.

In Italia i casi di morosità sono sempre numerosi. Secondo i dati più recenti, elaborati dalle principali sigle associative degli inquilini, ci sono 70mila sfratti pendenti dal 2019, 32mila dal 2020 e altri 40-50 mila stimabili per il 2021.

Il Governo, per far fronte all’emergenza Covid, aveva disposto un blocco generalizzato degli sfratti, ma questa misura è scaduta il 31 dicembre 2021. Dunque quest’anno riprendono le esecuzioni.

Certo, chi si trova ad affrontare difficoltà nel pagamento dell’affitto, o peggio è coinvolto in uno sfratto, vive una condizione di estrema precarietà. Dall’altra parte, chi ha investito in un immobile ha il diritto di pretendere il pagamento regolare del canone e spera di scegliere l’inquilino “giusto”, cui affidare la casa in locazione per anni, senza mai avere problemi.

In soccorso del proprietario, spesso vengono pubblicizzate delle polizze assicurative ad hoc. Non parliamo in questo caso della generica “polizza casa” (quella che tutela da eventuali danni materiali subiti dall’immobile), ma di assicurazioni che in generale vanno sotto la definizione di “polizza affitto sicuro” e che promettono di tutelare il proprietario.

In altre parole, assicurazioni che si sostituiscono all’affittuario per un certo periodo di tempo, garantendo il regolare pagamento dei canoni. Ma come funzionano? I contratti assicurativi sono sempre ostici. Vengono proposti da agenzie immobiliari, broker o anche in Rete. Partono senz’altro da un buon proposito, utile per il proprietario. Ma in buona sostanza, il loro funzionamento è molto più complicato rispetto a quanto promesso. Ed è consigliabile sapere bene quel che si firma, prima di incappare in spiacevoli sorprese.

Niente di automatico

Questo tipo di assicurazioni ricade all’interno del ramo “danni”. Il loro costo, indicativamente, si aggira intorno al 10% del canone annuale. Ossia, chi affitta un appartamento a fronte di un canone annuale di 12.000, per esempio, pagherà un premio di polizza di circa 1.000/1.200 euro l’anno.

Questa è una media di mercato, il costo della polizza viene comunicato solo dalla compagnia o dal broker a livello commerciale, ma non è scritto nei documenti informativi che ormai broker e compagnie sono obbligati a pubblicare in rete.

Quello che invece si ritrova nella condizioni contrattuali è il funzionamento del prodotto. Ed è sufficiente prenderne uno a caso, reperito in Rete, per verificare il lungo elenco di punti di cui tenere conto.

Primo. Queste polizze non hanno nulla di automatico. In altre parole, se l’affittuario è indietro di uno o due mensilità, non esiste alcuna compagnia al mondo che, dietro una normale richiesta, mail o telefonata, proceda all’istante nel rifondere le mensilità mancanti con un bonifico. Quasi sempre queste polizze hanno come oggetto la tutela della “morosità”.

Il richiamo alla “morosità” significa che deve essere già stata avviata una procedura vera e propria, con tanto di denuncia in Tribunale. E, prima di questo, il locatore deve avere già tentato alcuni solleciti o diffide per via “stragiudiziale” (per esempio, una raccomandata firmata da un avvocato, dove si intima l’inquilino al pagamento). Dopodiché, se questi tentativi non hanno effetti, occorre procedere in giudizio.

Quali documenti servono

Leggendo dal contratto assicurativo, per avviare la protezione è necessario presentare questo elenco di documenti: copia del contratto di locazione regolarmente registrato; copia del provvedimento giudiziale di “Convalida dello sfratto per morosità” o del verbale di udienza nel quale il locatore dichiara al giudice l’avvenuta riconsegna dell’immobile da parte del conduttore (dove si attesta il dettaglio della morosità fino a quel momento maturata).

Se l’inquilino aveva fatto ricorso contro il primo provvedimento, bisogna anche aspettare che questo venga “rigettato” dalla Corte. E allegare l’atto. A questo, si aggiunge naturalmente la “richiesta di indennizzo”, che può comprendere sia l’ammontare dei canoni, sia le spese accessorie (per esempio, quota delle spese condominiali). Come in tutte le assicurazioni, anche queste sono soggetta a un massimale, ossia una cifra massima che la compagnia si riserva di indennizzare, che può essere pari a uno o due annualità di affitto.

Prima, la tutela legale

Altro punto da tenere a mente, è che spesso queste protezioni funzionano a step. All’inizio, cioè, mentre il proprietario tenta di risolvere la grana con la via stragiudiziale, dunque con dei solleciti, deve far scattare la parte di polizza relativa alla “tutela legale”, che paga appunto le spese per l’avvocato coinvolto in questa fase.

Solo in un secondo momento, quando la via stragiudiziale è fallita, si procede per il caso “morosità”. Infine, dal punto di vista commerciale, sul mercato si stanno facendo strada altri mezzi per ovviare al problema dei pagamenti degli inquilini. Ci sono agenzie che si propongono come intermediario immobiliare, gestendo l’appartamento per conto del proprietario, e che si intestano direttamente la titolarità del contratto d’affitto. Così, eventuali problemi ricadranno sulla società. Questa può essere una buona soluzione, ma naturalmente occorre mettere in conto una percentuale di gestione che il proprietario deve retrocedere all’agenzia, magari anche del 20% sul totale dei canoni. Dunque è una scelta che libera dalla incombenza, ma va a ridurre il potenziale rendimento netto dell’investimento immobiliare.

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